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BARI
GIUS. LATERZA & FIGLI
TIPOGRAFI—EDITORI—LIBRAI
1911
PIRINO innamorato
FORCA suo servo
MANGONE ruffiano
FILACE suo servo
Dottore
FILIGENIO vecchio
PANFAGO parasito
ALESSANDRO giovane
MELITEA innamorata
*** muto
Capitano de' birri
Raguseo
ISOCO suo amico.
La favola si rappresenta in Napoli.
PIRINO innamorato, FORCA suo servo.
PIRINO. Avea inteso dir mille volte che i seguaci d'amore erano ilriso, il diletto, il gioco e tutte insieme le compite dolcezze. Miserome, che provo tutto il contrario; ché le malenconie, i noiosipensieri, le fatiche, i disagi, i sospetti e le gelosie sono i suoiperpetui compagni: e veramente, chi le pruova conosce che queste sonovere e l'altre imagini di dolori.
FORCA. Buon dí, padrone.
PIRINO. O Dio, che amara compagnia m'han tenuto questi tutta la notte!ho desiato il giorno per ragionar con Forca, il mio servo, d'un miosospetto, né posso ritrovarlo; oh, sei tu qui? t'ho chiamato tuttaquesta mattina.
FORCA. Anzi v'ho risposto prima che voi mi chiamaste. Ma or con chiragionate?
PIRINO. Con meco.
FORCA. Chi è questo meco? guardatevi che non sia qualche mal uomo.
PIRINO. Dico: «meco», con me medesimo.
FORCA. Dunque voi e meco son due persone?
PIRINO. Non t'ho detto tante volte che l'anima mia non è dove ellaabita, ma dove ama? avendo io l'animo fisso nell'amato oggetto, restocol corpo abbandonato senza anima; or ch'era ritornata al suo luogo,ragionava con lei.
FORCA. Conosco che siate innamorato e malamente, perché sempre avetein bocca l'amato oggetto, andate parlando solo e raccontando i vostridifetti a chi non ve li dimanda. Ma, di grazia, voi di che ragionavatecon voi?
PIRINO. Apunto di te che pur un tempo eri mio scorporato, non lasciavimai far cosa per compiacermi; non ho seguitato piacer in mia vita, dicui tu non sia stato il mezano. In somma, io era tutto il tuo bene, ornon so come son divenuto tuo figliastro: o fingi o t'infingi nonaccorgerti de' miei affanni, e sai che solo sei segretario de' mieipensieri: non t'amo da servo ma da fratello, e ti dono sempre.
FORCA. È vero che mi donate sempre, ma una intrata di cinquantabastonate il giorno: ché servendovi o disservendovi, senza mirar dovedate, alla luce, all'oscuro, con ogni cosa che vi trovate in mano, mifate piovere adosso una tempesta di bastonate traditore, che non è orache non abbia da stridere sotto le vostre mani.
PIRINO. Tu ben t'accorgi, tristarello, quanto t'ami e quanto vagliosenza te.
FORCA. Non mi mirate negli occhi, che non vi paia che ci manchi unpugno; non