Anton Giulio Barrili
ROMANZO.
MILANO
FRATELLI TREVES, EDITORI
—
15.º migliaio.
PROPRIETÀ LETTERARIA.
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Tip. Treves. — 1912.
Vorrei poter scrivere il nome del mio miglioreamico sulle mie pagine migliori. Ma, poichè sonoappena ai cominciamenti, accetta con lieto animoche io ti dedichi queste, sebbene modestissime, chesono le prime pagine della mia prosa.
Di certo, la prima pietra non è la più bella diun monumento, nè quella che raccoglierà l'ammirazionede' viandanti; e tuttavia la è consacrata fratutte le altre da cerimonie solenni. A me, quando ilmio edifizio letterario, comunque e' riesca, sarà condottopiù innanzi, tanto da argomentarne la strutturae gli intendimenti dell'architetto, sarà dolce il pensare,che sulla prima pietra era scritto il tuo nome.
Di Genova, il 25 settembre del 1866.
Anton Giulio Barrili.
[1]
SANTA CECILIA
— È pure un noioso mestiere! — esclamòTiberino, fra uno sbadiglio e l'altro, mentre sistiracchiava le braccia in alto e il corpo suldivano, con pochissimo rispetto alle tre personeche a quell'ora si trovavano nella bottega dacaffè del Gran Corso.
Tre persone, s'intende, non contando noi cheeravamo cinque, seduti a nostro bell'agio suidivani di un angolo della prima sala, con tantodi sigaro tra i denti e le gambe intralciate frai sostegni a rabeschi di una tavola di marmo.
[2]Era il tocco dopo il meriggio, di una giornata,nè bella nè brutta, del mese di marzo;non ricordo bene se della prima, o della secondaquindicina. Quel che ricordo si è cheeravamo tutti studenti e facevamo, alla bottegada caffè del Gran Corso, chi il terzo e chiil quarto anno di leggi.
Il benigno lettore, per cui mi dispongo ainframmettere una parentesi nel racconto, nonintenderà forse come si potesse fare il terzo eil quarto anno di leggi in una bottega da caffè;e cotesto perchè ignora certamente, e perchèio ho ancora da dirgli, quante fossero le universitàdi Genova innanzi il 1858; chè le miecognizioni sulla materia non vanno oltre queltempo. Altri adunque narri quante sono ai dìnostri; io narrerò quante erano allora.
Anzitutto l'università di via Balbi, quellapiù grande; con due leoni di marmo; quattrobidelli, che a sommar loro gli occhi, ne portavanosette (donde non sarà difficile argomentareche ce ne fosse uno guercio); una biblioteca;[3]un portiere con le mostre rosse al colletto dellagiubba; un museo con molti animali impagliati;molte panche nelle sale, e finalmente il professoreD'Ondes-Reggio. Qui si vedevano ognigiorno, rari nantes in gurgite vasto, gli studentiche seguitavano i corsi e pigliavano notesui quaderni.
Veniva in secondo luogo la bottega da caffèdel Sole, al pianterreno del palazzo che fa angolotra la via Balbi e la piazza dell'Annunziata.Qui si faceva un corso alquanto più elevato:si dirozzavano i giovani coi primi elementidel carambolo, del colpo sotto e del colpolungo.
Qui cionondimeno si pensava ancora alle