EMILIO SALGARI
Le Aquile
della Steppa
ROMANZO
illustrato da 18 disegni di A. TANGHETTI
GENOVA
A. DONATH, Editore
—
1907
Proprietà artistica e letteraria della Casa Editrice A. Donath,Genova, la quale, avendo adempiuto alle formalità che la legge prescrive,provvederà, non solo contro le contraffazioni, ma anche controle imitazioni. Legge 19 settembre 1882 N. 1012.
Rocca S. Casciano 1907. — Stab. Tip. Cappelli.
[3]
— All'armi Sarti!... Eccolo!... —
Un urlìo assordante fece eco a quel grido; poi un'onda diuomini si rovesciò attraverso le strette viuzze del villaggio fiancheggiateda casette d'argilla grigia, di meschino aspetto comegià lo sono tutte quelle che abitano i turcomanni non nomadidella grande steppa turanica.
— Fermatelo con una palla nel cranio!
— Lesti, giovanotti!
— Addosso a quel cane!
— Fuoco! —
Una voce imperiosa, che non ammetteva replica, dominò tuttoquel baccano:
— Guai a chi fa fuoco! Cento tomani[1] a chi me lo portavivo! —
Chi aveva dato quell'ordine era un bel vecchio, uno dei piùbelli che si potessero trovare nelle steppe turchestane, che dovevaaver già varcata la sessantina, di forme piuttosto tozze e robustecon spalle ampie e braccia muscolose e la pelle fortemente abbronzatae resa ruvida dagli ardori intensi del sole e dai ventifrizzanti della grande steppa, gli occhi neri e ancora pieni di fuoco,il naso un po' adunco, come il becco dei pappagalli, ed una lungabarba bianca che gli scendeva fino a metà del petto.
Dal costume che indossava si poteva subito capire che appartenevaad una casta elevata, poichè il suo ampio turbante era diseta, variegata ed intessuta con pagliuzze d'oro, la sua lunga[4]zimarra di panno finissimo con alamari d'argento ed i suoi stivali,dalla punta assai rialzata, di marocchino rosso.
Inoltre impugnava una vera sciabola di Damasco, una di quellefamose lame che si fabbricavano anticamente in quella celebrecittà e che pare fossero formate con sottilissime lamine di ferroe d'acciaio sovrapposte, onde renderle flessibili fino all'elsa.
Al comando lanciato dal vecchio, tutti gli uomini che lo circondavanoabbassarono i fucili e le pistole e, tratti dalle lorolarghe cinture i kangiarri, quelle corte sciabole che somiglianocosì tanto ai jatagan dei turchi, si gettarono nuovamente a corsafuriosa, urlando:
— Addosso!
— Lesti!
— Non bisogna che ci fugga!
— Ci sono cento tomani da guadagnare! —
Un uomo, che era saltato poco prima giù da un terrazzo d'unadi quelle casupole, fuggiva dinanzi a loro, facendo sforzi prodigiosiper mantenere la distanza.
Quantunque non fosse più giovane, balzava coll'agilità di un'antilope,descrivendo di quando in quando brusche curve, onde nonlo si potesse prendere di mira e agitando disperatamente le bracciacome per darsi maggior slancio.
Era un uomo di forme grossolane, con un collo da toro, i