TENDA E CASTELLO


R. SACCHETTI.

TENDA E CASTELLO

MILANO,
LIBRERIA EDITRICE G. BRIGOLA.
Corso Vittorio Emanuele, 26.
1878.


PROPRIETÀ LETTERARIA.

Milano, coi tipi di G. Bernardoni.


[1]

TENDA E CASTELLO.

[3]

I.

Qualche anno fa, un inglese, che aveva sposatouna zingara, divorziò con un processo scandaloso, escrisse anche un libro di memorie, col quale riuscivaa cangiare in interesse il ridicolo di cui lasposa l’aveva coperto.

Il processo e il libro fecero rumore grande. Tuttii giornali d’Europa, compresi i nostri, copiaronodai fogli inglesi dei riassunti dell’uno, degli estrattidell’altro, e li ammanirono, come novità mai piùudite, ai loro lettori.

Ma il caso di un’unione così bizzarra non è nuovo.Qualcosa di simile, benchè in circostanze assaipiù gravi, è avvenuto parecchio tempo addietro, ese allora l’avventura non si divulgò con pari fortuna,[4]gli è che nel nostro paese i gazzettieri sonomeno solleciti nel ricercare lo scandalo e menoindustri nello sfruttarlo.


Se andate nell’alto Vercellese tutti vi conterannostringendosi nelle spalle, la grande pazzia del conteEmmanuele di Peveragno. Diffatti il suo matrimoniocolla bella Luscià fu la pazzia di un cervello annoiatoe di un cuor generoso.

Egli era l’uno e l’altro.

Un pio sentimento l’attirò verso la fanciulla, — ele si affezionò poi per stravaganza.

Curioso il come s’incontrarono.

Il conte la sorprese un giorno ginocchioni, davantial ritratto di sua madre, che pregava fervidamente,come davanti ad un’immagine sacra.

Gli zingari di Nick avevano posto le tende in unprato sotto il giardino del castello, e Luscià collaindiscrezione soppiattona della sua gente, penetrataper una breccia del bastione, attraversato il boschettodei nocciuoli, costeggiato il viale degli olmi dietro l’altasiepe di mortella, era sbucata innanzi alla casa. Salitala scala esterna e trovata la porta aperta, peril salotto d’estate e lo stanzino di toeletta, s’eraspinta fin nella camera della fu contessa Adelaide.

[5]

La divota cura della famiglia dava a quel luogo,disabitato da oltre venti anni, un aspetto di melanconiasoave e di religioso raccoglimento. L’ordinescrupoloso, la severità pomposa degli arredi, i damaschirossi a fogliami d’argento delle pareti, laluce rossa che, trapelando dalle tende seriche, digradavain una colorita penombra; — un sentore dirinchiuso, un leggero, un misterioso profumo, unalito di freschezza come di chiesa, il silenzio profondoavevano piegato a súbita reverenza la curiositàpetulante della fanciulla. Crescevano l’illusionele cortine dell’alcova socchiuse, come quelle diun santuario, fra cui luccicavano nell’ombra doratureinvisibili; un candelabro di bronzo che sostenevaun alto cero pasquale miniato, un piccoloreliquiario d’ebano intarsiato d’avorio, un preziosoacquasantino d’alabastro sul quale s’incrociavanoun ramo d’ulivo e una palma trecciata;l’alto inginocchiatoio coi cuscini di velluto e ungran libro di preghiere aperto sul davanzale.

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