ARCHITETTURA COMACINA


VITTORIO TREVES

ARCHITETTURA COMACINA

TORINO
TIP. e LIT. CAMILLA e BERTOLERO
Via Ospedale, N. 18

1888.


Proprietà artistico-letteraria.


[5]

«... abbiamo il coraggio di affermareche, secondo l'animo nostro, la rozza,ma feconda architettura italiana, laquale, in difetto di nome più proprio,s'usa chiamare lombarda, diventerà congli anni, svolta ed ingentilita erimodernata che sia, l'architettura dellanuova Italia.»

(Boito, Architett. del Medio Evoin Italia).

L'architettura lombarda, nata nel secolo nonocol Sant'Ambrogio di Milano, non s'introdussenella provincia di Como che dopo il Mille, equivi, come in tutto il territorio cisalpino, e,parzialmente, nelle altre provincie italiane, simantenne in vigore fin oltre il tredicesimo secolo;lasciandoci opere degne di singolare interesseper la schietta e giudiziosa originalità, chele pone sopra quelle della decadenza romana ele distingue dai monumenti bizantini, nei qualitroppo prepondera la decorazione in confrontoalla costruzione.

Architetti di tali edifizi furono quei magistri[6]comacini, i quali, da più secoli addietro, esercitavano,quasi esclusivamente, l'arte e l'industriadel fabbricare, non soltanto nella Lombardia,ma eziandio nelle altre provincie d'Italiae persino oltre l'Alpi; successori e continuatoridi quegli artigiani medesimi che, sotto l'ImperoRomano, erano liberi o schiavi: ma la libertànegli uni era vincolata dall'obbligo di esercitare,di padre in figlio, la professione medesimain una zona di territorio determinata; neglialtri la servitù era alleviata dal diritto di retribuzionesul proprio lavoro, quantunque il lavorofosse imposto.

Fianco della Chiesa di Santa Maria del Tiglio in Gravedona (Lago di Como).

I maestri comacini non erano, come il nomeloro farebbe supporre, dei veri capimaestri nèimprenditori di fabbriche, simili ai nostri moderni.Obbligati, per legge, ad impiegare sottoi loro ordini i servi del proprietario che li avevaassoldati, non potevano giovarsi di tali operaisenza metter mano essi stessi alla esecuzionemateriale delle opere loro; ciascheduno noncoltivava e non dirigeva pertanto che una partespecialissima della costruzione. Così, a spiegarcicon l'esempio, un maestro era chiamato ad eseguirela parte puramente muraria, mentre adun altro erano affidati i rivestimenti in pietraod in marmo e la posa in opera delle colonnee dei capitelli, ad un terzo gli archi, le vôlte,le coperture, ecc.; il disegno compiuto dell'edifizio[8]spesso non esisteva che nella mente delcommettente, il quale non era architetto. Daciò gli errori inavvertiti nelle misure, le irregolaritànelle forme simmetriche e nel tracciamentodei muri, i difetti di parallelismo e diperpendicolarità che ci sorprendono quando osserviamola pianta o lo spaccato di una chiesalombarda. Gli esecutori attendevano ciascunoliberamente alla propria incombenza; eppurel'abilità, la precisione, l

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