LA
PLEBE

ROMANZO SOCIALE

DI

VITTORIO BERSEZIO


PARTE QUARTA


PROPRIETÀ LETTERARIA

TORINO,
PRESSO CARLO FAVALE E COMP., EDITORI
1869.

[3]

PARTE QUARTA

La Catastrofe.

CAPITOLO I.

Secondo era inteso fra il marchese di Baldissero,Don Venanzio e Maurilio, quest'ultimo, la mattinadopo il colloquio che aveva avuto luogo fra i tre oranominati personaggi, erasi recato al palazzo delmarchese per fissarvi senz'altro la sua dimora inqualità di segretario.

Dal marchese erano stati dati gli ordini opportuni.Appena si presentò, Maurilio fu condotto dalmastro di casa che lo ricevette come individuo specialmenteraccomandato dal padrone.

— Signore, dissegli, tutto è pronto ad accoglierla,e nella sua camera troverà un assortimento d'abitifra cui potrà scegliere quelli che meglio le piaccianoe meglio le si attaglino.

Maurilio arrossì fino alle orecchie e nascose lasua confusione in un inchino, balbettando inintelligibiliparole di ringraziamento.

La camera destinatagli era pulita, allegra, appettoa tutte le altre abitazioni ch'egli aveva avutesino allora, elegante. Il sarto e gli abiti, come avevadetto il mastro di casa, lo stavano aspettando.Scelse panni scuri, senza esagerazione diforme alla moda; e quando vestito di nuovo dacapo a piedi, e' si guardò nello specchio che stavasopra il canterale, quasi non riconobbe se stesso:fece al suo pallido volto riflesso dalla lastra un sorrisoin cui c'era più vergogna che compiacenza, edisse mentalmente a se stesso:

— Tu se' un altro Maurilio.... I panni ti farannooramai giudicare dal mondo un uomo ammodo....Ma sei vestito di roba altrui!...

Il sarto, secondo le abitudini del più di questimercatanti, cianciò egli la parte sua e quella delgiovane a cui la confusione dell'animo e della mentenon lasciava aver parole fatte; rifornitolo per allorad'ogni parte d'abbigliamento, gli prese misura peraltri abiti da farglisi di ricambio, che tali eranogli ordini di S. E., e partissi accompagnato dal domesticoche era stato testimonio a codesta vestizione,e la cui presenza non aveva conferito pocoa vergognare ed imbarazzare il timido Maurilio.

Questi rimase solo in mezzo alla modesta suntuositàdi quella stanza che gli era destinata. E' guardòallora tutt'intorno a sè, come per conoscer benequegli oggetti che lo circondavano, cui non avevaancora osato esaminare e prenderne, come dire,possesso: un lettino in ferro, una tavola da lavabo,un cassettone con sopravi lo specchio incorniciato dilegno su cui una vernice di color naturale, un caminettoalla Franklin, un seggiolone appiè del letto,una mezza dozzina di seggiole impagliate, di quelleleggerissime di Chiavari, un armadio in un angolo,un tavolino da scriverci, un acquasantino d'alabastroa capoletto, quattro incisioni che rappresentavanole imprese di Cortez al Messico, in cornici di[4]legno appese alla parete tappezzata di carta coloredi foglia secca, bianchissime cortine alla finestra,tendoline ai cristalli della medesima, sullospazzo di quadrelli immasticati, una lista di tappetoinnanzi al letto, per mettervi su i piedi scendendone,ed ecco tutto. Ma tutto respirava la pulizia,il buon gusto e l'agiatezza. Maurilio si piantòinnanzi allo specchio e vi si mirò con una speciedi fissità inquisitoriale, mez

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